Il Daily Telegraph lo definisce “il bacio d’addio alla Brexit”. Un titolo forte per raccontare l’accordo siglato la settimana scorsa tra Regno Unito e Unione Europea, che – cinque anni dopo la separazione ufficiale – riporta Londra sulla via della riconciliazione con Bruxelles.
Una nuova Minestra degli Esteri è pronta in tavola! Anche questo lunedì, Prismag apre la sua settimana con una retrospettiva sull’attualità internazionale, letta e commentata dai giornali di tutto il mondo. Parliamo innanzitutto dell’accordo fra Regno Unito e Unione Europea. Tappa poi in Romania per le recenti elezioni presidenziali, vinte dal candidato europeista, Niçusor Dan. In chiusura, lanciamo un occhio a Lisbona, dove si è votato invece per le elezioni legislative.
“Siamo tornati sul palcoscenico del mondo”
Con queste parole, il Primo Ministro britannico Keir Starmer ha presentato il nuovo accordo tra il Regno Unito e la Commissione Europea: un trattato che segna una svolta importante nei rapporti post-Brexit.
Il trattato prevede, fra le tante materie affrontate:
Un riallineamento normativo su settori chiave, come la pesca: l’UE ottiene ora una concessione di 12 anni per operare nelle acque britanniche, contro i 5 inizialmente garantiti sotto Boris Johnson.
Un prossimo rientro del Regno Unito nel programma Erasmus+, a beneficio di studenti e ricercatori.
Maggiore convergenza agricola: Londra valuta l’adeguamento alle regole UE in cambio di meno controlli doganali per esportare verso l’Europa.
Ora l’approfondimento delle relazioni fra Londra e Bruxelles è una delle novità più interessanti di questo 2025. L’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca e il parziale fallimento del Regno Unito a ricostruire quell’amicizia speciale con gli americani hanno ravvicinato Regno Unito e Unione Europea. Ma il problema cruciale sta nell’altissimo prezzo politico che il governo di Sir Starmer potrebbe dover pagare per questo trattato.
L’opposizione dei Conservatori è in pole position: in una lettera inviata al Telegraph, la leader dei Tories Kemi Badenoch parla di “resa senza condizioni”, di “capitolazione” da parte di un governo che “parla di progresso per definire un accordo che ci trascina indietro”. E chiude: “Questa non è una partnership, ma un’umiliazione.” Alla leader conservatrice si potrebbe rispondere che - però - il Regno Unito è oggi un pugile suonato: al di là del Commonwealth, che oggi è un’istituzione più simbolica che altro, non ha molte alternative. La strada di un’Inghilterra non solo europea, di potenza imperiale senza impero, oggi non è più percorribile. Una posizione più moderata di quella del Telegraph è quella del Times: “sicuramente il “reset” ha un prezzo, ma la Brexit non è stata un successo eclatante. (…) Gli elettori non amano i litigi fra parrocchie, vogliono pragmatismo. E Keir Starmer ha saputo darglielo”.
Secondo Jessica Elgot del Guardian, Starmer gode di una stabilità parlamentare senza precedenti dal 2010. Tuttavia, dovrà affrontare una sfida fondamentale: convincere l’opinione pubblica.
🎙️🎧 Ascolta il podcast per scoprire tutti i dettagli dell’accordo fra Londra e Bruxelles!
Nicușor Dan, l’europeista che dà battaglia
Alle elezioni presidenziali romene, il candidato indipendente e moderato Nicușor Dan ha sconfitto al ballottaggio Georg Simion, volto dell’estrema destra e successore di Calin Georgescu. Ma la tensione non è finita: Simion ha annunciato un ricorso alla Corte Costituzionale. Certo, sarebbe lecito chiedersi quali fossero i punti programmatici del vincitore. Ma l’impressione è che Dan abbia svettato proprio perché confrontato a un vero e proprio agente di Donald Trump in incognito.
La vittoria di Dan è stata accolta con favore dalle istituzioni europee, preoccupate dalle posizioni anti-UE di Simion. Valentin Naumescu, docente a Cluj Napoca, ha scritto su Adevarul:
“Nicușor Dan ha risposto al meglio al bisogno della Romania europea di sopravvivere e vincere, con dignità, onestà e buon senso.”
Dan incarna una Romania che aspira a essere moderna, coerente, competitiva, e non più marginale nella scena internazionale. Ma un dubbio resta: nel contesto dell’Europa dell’Est, la Romania può davvero contendere il ruolo di leadership alla Polonia, oggi protagonista anche per via del conflitto in Ucraina?
Bucarest fa parlare, Lisbona meno
Le elezioni legislative del 18 maggio in Portogallo sono state ampiamente trascurate dalla stampa, ma ci raccontano un po’ la stessa storia di un sentimento anti sistema che sconvolge la politica. L’Aliança Democratica guidata dal Primo Ministro uscente Luis Montenegro conquista 89 seggi e conferma le forze di centrodestra in una posizione di governo.
Ad arretrare notevolmente è invece il Partito Socialista - quello dell’ex Primo Ministro Antonio Costa, oggi Presidente del Consiglio europeo - che si ritrova testa a testa con l’estrema destra di Chega, guidata da André Ventura, con poco meno di 60 seggi.
Nel Parlamento monocamerale di Lisbona, Assembleia da República, Luis Montenegro dovrà scegliere se governare in minoranza, trovando accordi di circostanza con Chega, o sperare che il nuovo leader socialista sia più disponibile a un accordo di coalizione a differenza del suo predecessore Pedro Nuno Santos. È possibile che Montenegro guardi all’estrema destra per creare il governo? Nulla è impossibile, ma probabilmente no. Durante un viaggio in Brasile gli è stata fatta la domanda su una possibile trattativa con il partito di Ventura, ma il primo ministro è stato chiaro: “No es no”.
Anche in Portogallo quindi, come un po’ in tutto l’Occidente, il successo dell’estrema destra è una bomba a mano sganciata sul sistema bipolare. E la tornata elettorale indetta domenica scorsa è la terza nell’arco di poco più di due anni.
La campagna elettorale è stata dominata dal tema dell’immigrazione, con il leader di Chega che non ha esitato a sfruttare anche un suo breve ricovero in ospedale per fare campagna elettorale. Filipo Alves scrive sul Diario de Noticias che: “All’inizio, Chega è iniziato come un fenomeno che è stato molto utile ai socialisti di António Costa. Lo spauracchio dell'estrema destra era qualcosa che l'ex primo ministro ha magistralmente usato per condizionare il Partito Sociale Democratico, quello di Montenegro. Il “no è no” di Montenegro ha cambiato le carte in tavola.”
Ma anche se l’immigrazione resta una priorità per il governo portoghese, come dimostrano i numerosi ad esempio i ben 18mila respingimenti annunciati a inizio mese, la prima preoccupazione dei portoghesi resta lo stato catastrofico dei servizi pubblici e delle politiche abitative. Lo rileva il quotidiano Publico, riprendendo un sondaggio realizzato con l’emittente Antena 1: il 63 % dei portoghesi individua nel declino della sanità pubblica la principale preoccupazione. Seguito dal sistema scolastico, dall’immigrazione e, al quarto posto, dai salari e dalle pensioni. Sulla sinistra, che evidentemente non ha saputo appropriarsi di questi temi, l’umorista Manuel Cardoso scrive sul settimanale Expresso che “se i socialisti devono certo dotarsi di una leadership più moderata, per evitare di diventare indistinguibili dalla destra di Montenegro è opportuno che si presentino come centristi, ma governino più a sinistra del previsto. Modello Biden.” Facile a dirsi, un po’ meno a farsi.
Cucchiaiata dopo cucchiaiata, siamo arrivati al termine di questa Minestra. Ti ricordo che a questo link puoi abbonarti a Prismag e sostenere questo e altri progetti: non solo riceverai a casa tua la rivista e potrai sfogliarla, anche in digitale, ma contribuirai a sostenere il giornalismo indipendente, giovane e per i giovani. La nostra newsletter torna fra 2 settimane, buon 2 giugno e alla prossima!
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