Qualcuno aiuti i lavoratori dell'Usaid
L'ente statunitense, che sostiene missioni umanitarie in tutto il mondo, rischia la chiusura. Una decisione che mette migliaia di lavoratori e progetti in pericolo
La scorsa settimana è stata molto movimentata, qui nella redazione di Prismag. Siamo stati invitati prima a Trento al Flash Finder Gala, un evento legato al mondo della moda che abbiamo colorato col nostro bellissimo stand. Poi, ieri, siamo stati ospiti al Booming art show di Bologna e abbiamo partecipato a La Merenda Podcast (ciao Pruciz!). Insieme a Dario Morgante di Scomodo, a Ilaria Brizi del Tic Fest e a Elisabetta Roncati (artnomademilan) abbiamo chiacchierato del presente e del futuro della comunicazione digitale e dell’arte. Nelle prossime settimane uscirà la puntata video del podcast: ve la manderemo in posta in questa newsletter. Insomma, non riusciamo mai a stare fermi!
Ma torniamo a noi. Esiste oggi qualcosa di più complesso del mercato occupazionale? Da un lato, assistiamo a una continua frammentazione dei contratti e a un aumento di forme di impiego ibride – come il lavoro a progetto o la collaborazione occasionale. Dall’altro, a una corsa costante alla specializzazione, con aziende che ricercano nuove competenze e figure professionali in grado di coniugare creatività e abilità tecniche. E poi, quante volte sentiamo parlare di upskilling e reskilling?
Ecco, in questo scenario, ogni esperienza lavorativa può diventare un investimento prezioso, ma anche un motivo di incertezza: la flessibilità, tanto apprezzata dai più giovani, rischia infatti di trasformarsi in precarietà. E molte persone rispondono a queste sfide reinventandosi e sperimentando ambiti innovativi, dall’imprenditoria digitale alle professioni più tradizionali ridefinite da tecnologie sempre più pervasive.
E ok lo stipendio, l’incontro domanda-offerta, il futuro. Ma quello che non dobbiamo dimenticarci è che il lavoro resta un potente terreno di incontro e di espressione individuale. Ed è qui che nascono le storie più interessanti.
Nel nostro “Sul lavoro”, che ieri abbiamo portato anche a La Merenda podcast, abbiamo cercato di raccontare questa complessità. Lo abbiamo fatto a modo nostro, dando voce ai protagonisti e alle protagoniste di un mondo che troppo spesso sembra solo numeri e percentuali. Se vuoi, lo trovi qui.
Dopo l’Ebola e l’Hiv, Usaid fa i conti con l’avversario più temibile: Trump (e Musk)
Negli ultimi decenni, migliaia di impiegati dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) si sono trovate in prima linea nelle emergenze più gravi. Carestie, epidemie infettive come l’Hiv ed Ebola, ricostruzioni di infrastrutture in Paesi sconvolti da guerre e povertà estrema: in tutti questi scenari, il personale dell’Agenzia è stato essenziale per coordinare aiuti e interventi umanitari.
Poi è arrivato Donald Trump. E l’intera struttura si è ritrovata a fronteggiare un drastico ridimensionamento. Ma appena poche ore prima che la maggior parte dei dipendenti venisse sospesa o addirittura licenziata, un tribunale è intervenuto con un’ingiunzione provvisoria che ha temporaneamente bloccato la chiusura dell’Agenzia.
La decisione giudiziaria, seppur limitata, ha concesso una breve tregua a circa 2.700 dipendenti, ai quali era già stato imposto o sarebbe stato imposto il congedo amministrativo entro la mezzanotte di un venerdì 7 febbraio. La situazione, però, rimane in bilico: l’Agenzia ha annunciato la reintegrazione temporanea del personale già in congedo fino al termine della settimana successiva, ma questo non garantisce che i posti di lavoro saranno ancora disponibili dopo il periodo stabilito. La causa, avviata dai sindacati dei lavoratori, potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema. I tempi per una sentenza definitiva sono incerti e, nel frattempo, il futuro di migliaia di professionisti e delle loro famiglie continua a rimanere sospeso.
Pochi giorni prima della sentenza del tribunale, l’amministrazione Trump aveva annunciato il licenziamento di quasi tutti i suoi appaltatori e la sospensione a tempo indeterminato della maggior parte dei funzionari del Servizio estero e di altri dipendenti assunti direttamente dall’Usaid. I lavoratori, compresi coloro che operano in missioni estere, si sono visti costretti a pianificare il rientro negli Stati Uniti nel giro di un mese, pena dover sostenere personalmente i costi del trasferimento.
Una situazione del genere, di solito, si verifica solo in circostanze di emergenza estrema, come colpi di Stato o guerre. Molte famiglie con figli in età scolare hanno dovuto decidere se interrompere immediatamente l’anno scolastico dei propri figli o dividersi temporaneamente. Altre, con problemi di salute o in gravidanza, si sono trovate a valutare i rischi di viaggio e la copertura medica, mentre l’iter per ottenere i documenti d’ingresso degli animali domestici si è rivelato troppo lungo da gestire in così poco tempo.
Secondo fonti interne all’Agenzia, la decisione di ridimensionare l’Usaid è stata fortemente influenzata dalle direttive di Elon Musk, magnate della tecnologia scelto per identificare i tagli di bilancio in vari settori governativi, e da Pete Marocco, a capo del Dipartimento di Stato per gli aiuti esteri, designato a coordinare l’attività quotidiana dell’Usaid. Il Segretario di Stato Marco Rubio, che di fatto ha assunto la supervisione generale sull’Agenzia, ha cercato di ridimensionare i timori, rassicurando sulla possibilità di deroghe per esigenze specifiche. Eppure, mentre gli ordini di sospensione si moltiplicavano e si ventilavano massicci licenziamenti, l’intero settore degli aiuti internazionali ha subito uno scossone, con decine di organizzazioni non governative (Ong) e imprese di consulenza colpite dalla carenza di fondi e costrette a ridurre il personale.
Con il taglio dei fondi all’Agenzia, anche migliaia di posti di lavoro nelle Ong e nelle società di consulenza collegate all’Usaid sono a rischio o già soppressi. Molte organizzazioni che collaboravano con l’Agenzia – fornendo servizi sul campo o gestendo progetti di sviluppo locale – hanno dovuto sospendere le proprie attività e licenziare il personale. Alcune piccole imprese, fortemente dipendenti dai finanziamenti pubblici, stanno facendo fatica a sostenere i costi operativi e a coprire spese che l’Usaid avrebbe dovuto rimborsare. In molti casi, infatti, le fatture emesse diversi mesi fa risultano ancora bloccate a causa della sospensione dei pagamenti da parte dell’Agenzia.
Mentre i dipendenti tentano di capire se la sentenza del tribunale potrà davvero impedire la chiusura dell’Usaid, resta altissimo il timore che questo sia solo il preludio di un ridimensionamento irreversibile. L’amministrazione Trump appare determinata a ridurre in modo drastico i programmi di sostegno e di cooperazione internazionale, con il risultato di lasciare incompiute numerose iniziative sanitarie, economiche e infrastrutturali in aree del mondo già fortemente vulnerabili.
La maternità invisibile: le difficoltà delle lavoratrici autonome in Italia
Erika (36 anni) e Asia (26 anni) sono due madri che lavorano come freelance. La flessibilità consente loro di organizzare il proprio tempo senza chiedere permessi, ma le impegna costantemente, anche quando dovrebbero dedicarsi alla vita familiare. Risultato, una continua sovrapposizione tra lavoro e cura dei figli, con la sensazione di non “staccare” mai.
L’Italia conta circa 4,5 milioni di lavoratori autonomi e offre poche tutele alle madri freelance, soprattutto rispetto alle dipendenti o a coloro che risultano iscritte ad albi professionali. Secondo Acta, associazione che difende i diritti dei lavoratori autonomi, alcuni progressi ci sono stati con lo “Statuto del lavoro autonomo” del 2017, che ora permette di accedere all’indennità di maternità continuando a lavorare. Tuttavia, permangono ostacoli burocratici, procedure complesse, redditi basati su dati non definitivi e l’obbligo di astensione per i congedi parentali, che scoraggia molte professioniste.
Per conoscere tutta la storia, leggi l’articolo di Jenny Scheiding qui.
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