Orgoglio, olimpiadi, discriminazioni, esìli
Questa settimana parliamo dei diritti negati alle persone trans alle imminenti olimpiadi di Parigi e di quelli strappati agli esuli del regime eritreo
“E l’uomo, nel suo orgoglio, creò Dio a sua immagine e somiglianza” (Friedrich Nietzsche)
Ciao! Sono Luce, rieccoci a Rifrazione, la newsletter di Prismag dove i dettagli contano.
Questo mese vogliamo parlare di “orgoglio”. Un sentimento spesso percepito in modi contrastanti, che può essere una forza potente e positiva, ma anche fonte di fratture inconciliabili: rivendicazione, fierezza, superbia, arroganza. L’orgoglio si annida nel cuore delle nostre identità più profonde, fino a influenzare le comunità e i movimenti su scala globale.
Nel numero “Sull’orgoglio”, Prismag celebra quello della comunità LGBTQIA+, in un mese – il Pride Month – simbolo di resistenza e affermazione per milioni di persone che rivendicano il diritto di essere visibili. C’è poi l’orgoglio identitario, quell’intimo senso di appartenenza a una cultura, una storia o un luogo, che si fa ancor più profondo quando si è lontani da casa. Ma c’è anche un orgoglio oscuro. Quello dei nazionalismi e degli estremismi, capaci di trasformare questo sentimento in un mezzo di esclusione e intolleranza.
Attraverso interviste, analisi e storie, “Sull’orgoglio” mira a fornire una panoramica equilibrata e riflessiva su un argomento tanto complesso quanto attuale. Se vuoi, lo trovi qui!
A breve, come forse sai, inizieranno le Olimpiadi di Parigi. Un momento fondamentale non solo per lo sport, ma anche per la comunità LGBTQIA+.
Buona lettura :)
Sì al sesso, ma non se sei un’atleta trans
Inclusive, ma non troppo. Le Olimpiadi di Parigi, che prenderanno il via il prossimo 26 luglio e si protrarranno fino all’11 agosto, segnano un apparente ritorno alla normalità. Dopo le restrizioni legate alla pandemia, che aveva visto l’introduzione di un divieto di intimità nel villaggio olimpico durante i Giochi di Tokyo del 2021, quest’anno gli organizzatori hanno deciso di distribuire 300mila preservativi agli atleti, permettendo loro di utilizzarne fino a due al giorno per tutta la durata dell’evento.
L’obiettivo, sottolinea Laurent Michaud, direttore del villaggio olimpico, è creare un ambiente dove gli sportivi si sentano a proprio agio. In linea con questo spirito, anche i letti nelle loro stanze sono stati resi più grandi e resistenti, sostenendo fino a 250 kg di peso.
Distribuire preservativi durante le Olimpiadi è una pratica che risale al 1988, quando a Seul si voleva promuovere il sesso sicuro e aumentare la consapevolezza su Hiv e Aids. Tuttavia, il numero di anticoncezionali a Parigi non stabilisce un nuovo record: a Rio, nei Giochi del 2016, ne vennero distribuiti ben 450mila.
Gli sforzi per promuovere l’inclusione e l’apertura non mancano. Eppure, questi Giochi si trovano al centro di una crescente ondata di transfobia che ha colpito le atlete trans. Il Comitato Olimpico Internazionale ha di recente modificato le sue politiche, scaricando la responsabilità della loro inclusione sugli organi direttivi dei singoli sport. Un passaggio che ha sollevato numerose critiche, in quanto enti come British Cycling e Swim England hanno deciso di vietare la partecipazione delle sportive trans alle competizioni.
Quella che sarebbe dovuta essere una manifestazione inclusiva, come sottolineato dallo slogan “Giochi aperti” promosso da Tony Estanguet, presidente del Comitato organizzatore di Parigi 2024, rischia quindi di trasformarsi in un evento divisivo e ghettizzante.
Ma queste Olimpiadi potrebbero ancora rappresentare un momento significativo per l’inclusione della comunità LGBTQIA+ nello sport, con atleti appartenenti a essa come l’inglese Tom Daley (che ha fatto coming out nel 2013) che si appresta a competere per la sua quinta Olimpiade. Vedremo cosa accadrà.
Amare una patria da esule: la storia di Desbele, la fuga dall’Eritrea
Desbele è un eritreo esiliato dal 2001 per essersi opposto al regime dittatoriale di Isaias Afewerki. Descrive il sacrificio emotivo di vivere lontano dalla propria patria per motivi di sicurezza personale, nonostante il profondo legame che sente verso il suo Paese e il suo popolo.
Il regime di Afewerki è caratterizzato dalla totale assenza di stato di diritto e dalla messa al bando di partiti politici al di fuori di quello governativo. Le organizzazioni di opposizione, seppur numerose e frammentate, cercano di unirsi e di esercitare pressione sulla comunità internazionale attraverso iniziative come Yiakl! (“È troppo!”).
La vicenda di Desbele illumina anche la dura realtà degli esuli eritrei, molti dei quali vivono in Italia. Una comunità variegata, composta principalmente da anziani e pensionati che tendono a non prendere posizione politica. Ma tirare un sospiro di sollievo è impossibile: il governo eritreo esercita un controllo severo anche all’estero, utilizzando spie per monitorare e reprimere l’opposizione.
Per conoscere tutta la storia, leggi l’articolo di Marco Arvati qui.
Oltre ai colori c’è di più
E siamo arrivati alla fine anche di questo numero. Spero che queste storie ti siano piaciute e che ti abbiano fatto conoscere un po’ di più un mondo che cambia a velocità sempre più repentina.
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