I guardiani della Terra siamo noi
Questa settimana, su Rifrazione, i risultati di un esperimento sociale che testimoniano il gradimento trasversale dell'ambientalismo
Se pensi di essere sola o solo a voler salvare il pianeta, ti sbagli. La verità è che siamo in tantissimi. In tutto il mondo, la stragrande maggioranza delle persone vuole azioni concrete contro la crisi climatica. Solo che non lo sappiamo. E questo silenzio ci frena, ci fa sentire isolati, ci ruba la forza del cambiamento. Ma oggi qualcosa sta cambiando: nuovi dati svelano che la voglia di agire è molto più diffusa di quanto immaginiamo. E sapere di non essere soli può essere il primo passo per far partire un cambiamento.
A breve ne parliamo, intanto però ti segnalo che domani sarà disponibile su Spotify il secondo episodio del nostro podcast Ma alla fine? e che questa volta ti porteremo alla scoperta di una storia che ha sconvolto la politica e l’opinione pubblica; una storia che non è solo cronaca, ma un insieme di ambizioni, errori, mala informazione. E se pensi di sapere già tutto, beh, ripensaci. Qui trovi Ma alla fine?: mi raccomando, clicca su “Segui”, così ogni volta che uscirà una nuova puntata ti arriverà la notifica!
La maggioranza silenziosa che vuole agire per il clima
Un recente esperimento pubblicato sul Guardian ha chiesto a un gruppo di partecipanti come avrebbero spartito 450 dollari tra sé stessi e un’associazione impegnata nelle energie rinnovabili. In media, le persone hanno donato circa metà del denaro. Ma quando è stato detto loro che il 79% dei citdini ritiene importante lottare contro la crisi climatica – molto più del 61% che immaginavano – le donazioni sono aumentate di 16 dollari a testa.
Questo fenomeno non riguarda solo gli Stati Uniti: a livello globale, la percezione che l’azione climatica sia poco popolare è un’illusione diffusa. Secondo gli esperti, sfatarla potrebbe innescare un cambiamento epocale, portando a progressi irreversibili grazie a un effetto domino sociale.
Secondo Anthony Leiserowitz della Yale University, sentito dal quotidiano britannico, stiamo sottovalutando il potenziale di un movimento climatico globale: «È latente, non ancora attivato. Correggendo questi fraintendimenti, possiamo far capire alle persone che non sono sole».
Un consenso mondiale ignorato
Gli studi condotti da Teodora Boneva dell’Università di Bonn hanno rivelato che l’89% delle persone nel mondo vuole più impegno dei governi contro il riscaldamento globale. Eppure, si tende a pensare che solo il 43% sia disposto a contribuire economicamente alla causa.
Una ricerca su 130mila persone in 125 Paesi ha poi evidenziato che anche nei Paesi considerati i principali inquinatori al mondo, come Cina e Stati Uniti, la maggioranza dei cittadini vuole più azioni governative. Persino nei petro-Stati come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, circa l’80% delle persone sarebbe disposto a donare l’1% del proprio reddito.
Boneva sottolinea che il modo in cui percepiamo l’opinione altrui influenza il nostro stesso impegno. Più pensiamo che gli altri siano pronti a contribuire, più saremo motivati a farlo anche noi.
La forza delle percezioni corrette
Correggere la falsa percezione della scarsa popolarità dell’azione climatica può innescare, dunque, cicli virtuosi. Lo dimostrano anche altri studi: un sondaggio delle Nazioni Unite del 2024 ha rilevato che l’80% della popolazione mondiale vuole impegni climatici più forti e ricerche analoghe confermano un consenso solido anche tra gli elettorati più scettici.
Allo stesso modo, la preoccupazione che il sostegno dichiarato nei sondaggi sia poco sincero si è rivelata infondata: test rigorosi dimostrano che le risposte sono affidabili e ben correlate ai comportamenti reali, come le donazioni a organizzazioni ambientali.
La disconnessione tra opinione pubblica e politica
Sorprendentemente, anche i politici sembrano vittime delle stesse illusioni. In Gran Bretagna, ad esempio, solo il 19% dei parlamentari credeva che la maggioranza dei propri elettori supportasse l’energia eolica locale, mentre il vero sostegno era al 72%. Situazioni simili si registrano anche negli Stati Uniti. Boneva suggerisce che rendere i politici più consapevoli delle reali preferenze dei cittadini potrebbe rafforzare l’azione climatica.
L’influenza dei comportamenti sociali
Gli esseri umani tendono ad adeguarsi alle norme sociali percepite. Se pensano che altri si impegnino, sono più propensi a farlo anche loro. Questo meccanismo, noto come “cooperazione condizionata”, può essere sfruttato per promuovere comportamenti virtuosi.
Tuttavia, la ricerca mostra che correggere le percezioni errate non sempre si traduce immediatamente in azioni concrete come votare o vivere in modo più sostenibile. L’impatto sembra maggiore quando si utilizzano narrazioni emotive piuttosto che semplici dati e quando la correzione è ripetuta nel tempo.
Sandra Geiger di Princeton osserva che, sebbene i risultati siano misti, le campagne di sensibilizzazione rimangono uno strumento prezioso e a basso costo.
Le radici dell’illusione
Perché esistono queste false credenze? Secondo gli esperti sentiti dal Guardian, la causa è duplice: da un lato limiti psicologici naturali, dall’altro una campagna organizzata e ben finanziata dall’industria dei combustibili fossili, che ha amplificato le voci negazioniste.
Questa disinformazione ha finito per rendere il cambiamento climatico un tema tabù, accostandolo a quelli tradizionalmente divisivi come religione e politica. Per questo, comunicare le norme sociali reali è cruciale.
La Mappa dell’intolleranza 2025 e una nuova consapevolezza
Gli algoritmi non sono neutrali: disegnano paesaggi digitali dove l’odio può fiorire o essere nascosto. La nuova Mappa dell’Intolleranza 2025, realizzata da Vox con importanti università italiane, rivela come la riduzione delle barriere algoritmiche abbia permesso all’intolleranza di emergere con forza, geolocalizzando i tweet d’odio in sei categorie, dalla misoginia all’omotransfobia.
Meno filtri hanno lasciato campo libero a comunità radicalizzate, nascoste nelle echo chamber, dove l’odio si rafforza e si autorigenera. Non basta più parlare di “società aperta”: serve un’alfabetizzazione digitale nuova, capace di riconoscere e contrastare le manipolazioni invisibili.
Mappare l’odio, allora, non è solo un’analisi fine a sé stessa: è uno strumento essenziale per ritrovare la bussola in una realtà digitale sempre più distorta.
Trovi l’articolo completo di Matteo Flora qui.
Terra bruciata
E per oggi è tutto. Cambiare la percezione che abbiamo degli altri – e di noi stessi – è forse il primo vero passo per costruire un futuro diverso. Il clima, l’informazione, il modo in cui ci muoviamo nei mondi digitali: tutto è connesso. E sapere di non essere soli rende tutto questo finalmente possibile.
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